Risalire il Rio Pelago circondati da una natura maestosa e selvaggia che ispirò la fantasia di Dante per dar forma ai suoi paesaggi infernali. Un ambiente naturale imponente al quale l’uomo non ha messo mano e che accoglie il canyon più grande e profondo della Toscana. Questo è l’Orrido di Botri.



Si sa l’uomo è un animale abitudinario, il fiorentino di più. Senza abbandonare le care e rassicuranti tradizioni fuori porta, assai divertenti, si può pensare di uscire dalla culla, del Rinascimento o comfort zone che sia, e per un giorno di avventurarsi in un luogo sorprendente quanto selvaggio, diverso dai soliti quadretti toscani, l’Orrido di Botri.
A un paio d’ore da Firenze si giunge al cospetto di una spettacolare gola calcarea scavata nel massiccio appenninico; circondata da ambienti rupestri ed estese faggete, è un’ambiente permeato da un’atmosfera primordiale e incantata.
E’ il canyon più grande e profondo della Toscana, le sue pareti rocciose a picco in alcuni punti possono toccare i 200 mt. di altezza, e si trova nel comune di Bagni di Lucca ai piedi del Monte Rondinaio e dell’Alpe Tre Potenze, cime dell’Appennino Settentrionale che per poco non sfiorano i 2.000 mt. di quota.
Il rio Pelago è il responsabile di tutto questo, il torrente con il suo scorrere lento e incessante nel corso di milioni di anni ha dato vita a questo spettacolo della natura, visitabile da chiunque abbia voglia di una giornata con una cornice insolita e immerso in un ambiente incontaminato, ove l’uomo praticamente niente ha toccato. Praticando canyoning si risale il letto del fiume circondati da una natura maestosa, selvaggia, stupefacente e la cosa ancor più stupefacente è che non sono richieste particolari doti fisiche per avventurarsi in questo luogo magico. Necessarie capacità deambulatorie normali, alcune accortezze e un equipaggiamento base, suggerito più avanti nel corso della lettura.
Se tu non fossi ancora sicuro a quale casello uscire della Firenze-Mare e ancora la spiaggia avesse un forte e ben radicato richiamo, l’Orrido di Botri copre un’area di circa 280 ettari ed è stata istituita Riserva Naturale Statale nel 1971 per tutelarne l’ambiente di altissimo pregio naturalistico. Accoglie specie rare ed endemiche sia floristiche che faunistiche; la regina di tutti i cieli, l’aquila reale, ha scelto questi acclivi per nidificarvi. Lungo le pareti sono presenti faggi dalle insolite forme ascendenti; la gola piuttosto stretta in alcuni punti non permette molto ai raggi solari di filtrare, creando un clima particolarmente fresco e umido tanto da far assumere curiose fisionomie al faggio in cerca della luce e permettergli di vegetare nella fascia climatica inferiore alla sua naturale, solitamente vegeta in fascia montana a circa 900 mt. di quota, qui invece siamo sui 700 mt..
Un luogo da esplorare con l’acqua a mezza gamba e il naso verso il cielo, ma non sempre, il letto del rio Pelago è disseminato di rocce scivolose a cui è bene prestare attenzione camminandovi sopra, facendo piccole pause per lasciarsi pervadere dalla natura selvaggia da cui si è circondati e godendosi il luogo eccezionale in cui ci si trova.



Le acque cristalline del rio sono piuttosto fresche, la temperatura si aggira intorno agli 8° gradi, una benedizione per chi proviene dalla calura della piana e anche per la circolazione. Chi è freddoloso non abbia timore, bastano neanche 5 minuti per ambientarsi e far abituare le gambe alla nuova rigenerante temperatura. I più temerari si potranno godere anche un bel oltremodo rinfrescante bagnetto a fine itinerario dove il corso del fiume presenta un balzo con cascatella e piscina, non a caso il sito è denominato La Piscina.
L’unico accesso al canyon si trova in località Ponte a Gaio dove si trova il centro accoglienza del Corpo Forestale dello Stato oggi Carabinieri e dove si paga un biglietto per accedere alla riserva, la quota è minima e comprende anche il caschetto, cautela necessaria per il fondo scivoloso.
L’equipaggiamento di cui munirsi è minimo e recuperabile già dall’armadio di casa, uno zaino da 20 lt., una felpa o meglio un pile, un cambio completo da lasciare in auto; l’unica cosa fondamentale sono le scarpe, non pensate di usare le scarpette da scoglio o stivali di gomma, sono necessarie le scarpe da trekking con un buon grip della suola e, si, le scarpe verranno completamente immerse nell’acqua e il piede resterà bagnato per tutta l’escursione, ma niente di tutto questo sarà d’interesse durante la vostra avventura all’Orrido di Botri. E le scarpe basta poi asciugarle.
Il percorso, come già annunciato, si svolge per gran parte nel letto del fiume risalendolo, il dislivello è pressoché nullo ed è consigliato a bambini, anche cresciuti, dai 6 anni in su. Per circa un paio d’ore di progressione si è immersi in un luogo che è quanto di più vicino ci possa essere all’Eden, per giungere poi a La Piscina punto finale dell’itinerario, non del fiume che continua il suo corso, ma sarebbe necessaria l’attrezzatura alpinistica per proseguire e la conduzione di una guida alpina. Il percorso di rientro è il medesimo per altrettante due ore di tempo che si impiegano per tornare a Ponte a Gaio. A Ponte a Gaio a godersi una lauta merenda al bar ristorante vicino al centro d’accoglienza o un bel pic nic nei prati adiacenti; per non stravolgere troppo le tradizioni fuori porta ma avventurandosi nel lato più selvaggio di sé stessi e della Toscana, per, come cantava Lou Reed, “walk on the wild side”.
Per la tutela dell’ambiente naturale e per le temperature e livello dell’acqua adeguati, la riserva è aperta da circa metà giugno fino a metà settembre, quindi bene pensarci subito a un bel tuffo nella natura incontaminata dell’Orrido di Botri.
Penna di Benedetta Perissi
La colonna sonora per esplorare questi luoghi?
