Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, gente che sa fare il pane. Così mi ha apostrofato Franco Arminio per la prima volta, lungo il cammino. Qualcuno aveva copiato i suoi versi su una tavoletta di legno, l’aveva appesa ai rami di un albero, proprio lungo il sentiero. Quella frase, oltre a lasciare una strana eco nella mia testa, come se me l’avessero detta in faccia e non come se l’avessi letta, appunto, ha aperto in me una voragine di pensieri. Chi è il poeta, perché è stato messo sulla terra?
Quella sera stessa sera, a una festicciola, in paese, parlando con sconosciuti che mi pareva di conoscere da anni, qualcuno mi disse, dopo avermi guardato per una decina di secondi:
“Devi assolutamente leggere le poesie di Franco Arminio. Seguilo su Instagram, davvero, ti farà bene”.
Mi sono limitata ad ascoltare i buoni consigli. Mi ha fatto bene davvero. Otto mesi e due libri dopo (ancora mi manca moltissimo da scoprire, ma ci tengo che non finisca troppo presto), posso dire che davvero la poesia guarisce. Cedi la strada agli alberi raccoglie pensieri e poesie più o meno recenti, ma sempre attuali, è un buon punto di partenza.
Diviso in quattro sezioni, parla principalmente di terra, d’amore, di legami e di poesia. Scorrendo i versi, tra il bianco e il nero delle righe appaiono colline, paesi arroccati, campi di grano, vecchi seduti al tavolo di un bar. Ci si ritrova proprio là in mezzo, in un mondo così caldo e familiare eppure lontano anni luce dalle nuove generazioni. Come può un poeta di sessant’anni unire il vecchio e il nuovo mondo, parlare su Instagram di vecchi che giocano a briscola, di volpi, di cani randagi, di lampioni o di baci improvvisi sulla nuca?
Penso a come questo libro, straordinario scrigno cartaceo di minuscole e immense verità sia arrivato tra le mie mani. L’ho comprato, certo, ma prima l’ho letto sullo schermo del telefono, grazie a qualcuno che una sera d’estate me l’ha suggerito in un orecchio. Magia del passaparola, che sia di voce viva o virtuale, funziona sempre. Perché quando una cosa è bella e ti fa bene, non puoi assolutamente fare a meno di restituirne un pezzo a chi ti passa accanto.
Bisogna lasciare a tutti un poco del nostro cuore, tanto si riforma, non c’è da temere di restare senza.
Così come dice il poeta, vi lascio duemila battute di parole mie in meno, ma l’eredità di tante altre da scoprire. Ve le passo, come si passa il sale o il pane, a tavola. Come, con una buona bottiglia di vino in mano, si chiede “Ne vuoi ancora un po’? È buono!”. Con questa semplicità rendo questo gran regalo che mi è stato fatto, quello di sapere che al mondo ci sono ancora santi e poeti, buoni osservatori, ricercatori di bellezza, esploratori di terre, indagatori dell’animo.
Specie rare in via d’estinzione, ma non ancora estinti.
Articolo dedicato a Mada, quel qualcuno.
Penna e scatti di Valentina Duca
Colonna sonora per leggere le poesie di Franco Arminio?
Il silenzio assoluto di una nevicata d’inverno in paese o al massimo il frinire delle cicale sotto un albero, in estate.
