Agosto 2018
New York è la Me…cca, pellegrinaggio fondamentale per un tap dancer.
Rimettevo piede nella Grande Mela dopo 13 anni, io la detesto. In valigia Havana Club, sigari, claves e maracas sopravvissute agli uragani cubani, il più bel concerto mai sentito a Remedios, la sottoveste di seta di mia nonna, le claquettes coi glitter e un mascara andato a male per il caldo tropicale. Broadway mi stava aspettando ed io non potevo certo farmi trovare impreparata.
40° 42′ 45.821″ N – 74° 0′ 21.654″ E
Quanta preoccupazione da La Havana a Newark: chissà se avremo problemi in dogana, se ci sequestreranno il rum… E invece liscio come l’olio almeno fino all’arrivo in hotel: un’ora di coda per un check-in da aeroporto e il plafond della carta di credito non sufficiente a coprire il soggiorno, aumentato a dismisura dalle tasse. Corri di notte sulla 34ma, carichi come ciuchi a cercare un bancomat che però sputa pochi dollari alla volta per lo stesso problema. Preleva di qui, preleva di là, coi soldi in mano come due poveracci saldiamo il conto scongiurando di vedersi buttati in strada.
Oltretutto è un “hotel de m***e” per dirla alla Lino Banfi: moquette sdrucita, colazione al sacco nella hall gustandosi la fila degli obbligati al check-in e c’è chi ha visto dei topi. Di fronte, il Madison Square Garden e i festini post concerto di eccellenze come i Migos. Notti insonni e stralunate con gli amici del Brasile o le sisters Montréal-fiorentine, ma la sveglia è all’alba, obiettivo residenza coreografica.
American Tap Dance Foundation si trova in 154 Christopher Street, West Village. Una scritta sul muro racchiude oltre 100 anni di una storia che si tramanda di piede in piede: TAP DANCE = MUSIC. Mi imbatto nella faculty di questo tempio, scopro i Copasetics, mi perdo nelle fotografie attaccate ovunque e capita di incontrare Hugh Jackman che della scuola è allievo. Una diaspora di tap dancer italiani di ogni età, oltre 20 piedi ferrati tutti lì per la master Lisa La Touche che in sei ore ci monterà un pezzo per l’Alvin Ailey Theatre.
Lisa non si ferma pur incinta di sei mesi, ma ha chi la supporta quando necessario: non sarebbe stato divertente senza Leo Manzari che passa da modalità on cioè sparolasequenzaamille a off, proprio come un interruttore che si accende e si spegne. E tutti che urlano on ed off. Le prove le abbiamo fatte soprattutto in hotel alle 7 di mattina davanti agli ascensori, noncuranti del viavai intorno. Ed infine lo show. Fiera che fossero con me due compaesane, noi tre tutte accompagnate da maschi orgogliosi di presentarsi come fiorentino, lucchese e pisano, una barzelletta rigorosamente toscana, altrettanto rigorosamente allontanati e senza ridere.
In quei giorni ho conosciuto Barbara Duffy, la mia mentor, maestra del mio maestro Guillem Alonso e scoperto che non so fare gli step e che ballo in apnea. And relax your crouch (e questo ve lo traducete da soli)! Quanto basta per decidere di tornarci con la “tosa” più bionda che c’è, già compagna di scorribande, munite di scatolame di cibo e una borsa di studio, scappate di casa e al risparmio, guancia a guancia per due settimane nell’ostello ebola (erano denti, era sangue?…).
La giornata inizia sempre a Central Park con un caffè a brutto muso perché da brave italiane non sappiamo stare in fila, la metro e un secondo caffè al bar dei gentili di fronte alla ATDF. Otto ore di scuola con pranzo sul fiume, cena al baracchino di fiducia “risi e bisi”, jazz club fino a notte fonda ballando con signori d’epoca e nuovi tap dancer o musical in Time Square. Il diversivo sono le transumanze in treni intasati, alla ricerca di scarpe da tap cantando A Train giustappunto, strette e appiccicate di afa e gente, una volta schivando per miracolo il black out come non lo vedevano dal 1977.
Amo New York profondamente e quanto mi manca!
Cos’è il tap? Rileggi il mio precedente articolo! Vuoi saperne di più? Leggiti un po’ di storia.
Penna e scatti di Eva Agostinelli
La colonna sonora? Tap with Migos, Bro!
